Rettile molto presente nella nostra vallata. E’ una vipera  velenosa, che la si trova dal fondovalle, ad un altitudine di circa 1.800 mt. s.l.m. , puo’ arrivare ad oltre 1 metro di lunghezza. 

Le vipere aspidi che per frequenza e non per irascibilità sono gli ofidi nostrani più pericolosi, sono diffuse in pianura, in collina e in montagna fino ad un limite di altitudine sul livello del mare assai prossimo ai 3000 m. I luoghi preferiti sono quelli dove essa può vivere indisturbata dalla frequenza degli uomini e degli animali e dove può reperire il nutrimento. Elegge per abitazione una tana abbandonata d’una talpa, d’un roditore, magari sfrattando o uccidendo l’inquilino, per trascorrervi la notte allorquando la temperatura si abbassa oltre il limite della sua sopportabilità: circa 15°c. Il caldo eccessivo, oltre  i 35°c, e la temperatura sotto i 15°c, sono i suoi limiti  entro i quali si trova a suo agio  ed è attiva. Tutti gli ofidi sono in grado di inghiottire una preda dal diametro tre volte superiore a quello del loro capo, e ciò grazie al legamento elastico che connette i due rami della mandibola. Fuori dal periodo di attività sessuale e ancora lontana dalla stagione del letargo invernale, la vipera è meno avida di prede: le basta un roditore ogni 5-6 giorni e può sopportare un digiuno completo di oltre un mese. In mancanza delle prede preferite, essa ripiega sugli ortotteri, come locuste e cavallette, già pasto abituale della sua prima infanzia. 

Sono estranei ai richiami di fregola i maschi giovani che non hanno ancora varcato il limite dei 4 anni e le femmine che non raggiungono il 5 anno. L’incontro segue una prassi di convenevoli costanti: prima si annusano reciprocamente, poi un fremito e un sibilo sommesso significano consenso. Strisciando quindi ambedue e  il maschio si sovrappone alla femmina che si sottrae all’amplesso. Bisogna insistere una seconda, una terza  volta. Quando i corpi coincidono e le 2 cloache combaciano, i 2 emipeni, a funzione contemporanea o alterna, procedono alla fecondazione. La durata è di circa un paio d’ore. La femmina tiene nel suo interno per 4 mesi le uova, che poi partorisce  ad una ad una a brevi intervalli in un numero variante da 2 a 12, raramente di più. Gli ofidi possono essere  vivipari, che partoriscono figli vivi, ovipari che partoriscono uova che abbisognano di  incubazione, e ovovivipari, come nei viperidi, che partoriscono uova con figli compiutamente formati  e che fuoriescono dal guscio tenue e trasparente a brevissima distanza dalla deposizione. 

Caratteri somatici 
Capo grosso ben distinto dal collo, schiacciato, cuoriforme, con muso rialzato. La visione radente evidenzia il profilo della prominenza, mentre l’osservazione dall’alto è più atta a rilevare la conformazione a contorno  triangolare o cuoriforme della testa. Dal capo si distingue nettamente,per  la strozzatura del collo, il tronco tozzo e massiccio. Negli ofidi innocui questa caratteristica non ha luogo e il collo si connette alla testa con pari dimensione. La colorazione dell’aspide è quanto mai variabile per il mimetismo ambientale, per la stagione, per l’età e la muta più o meno recente della spoglia, che è lo strato corneo che ne riveste interamente il corpo. Sulla tinta dorsale di fondo, che può essere grigio-cenere, grigio-giallastro, rossatro, arancione,  brunastro, marroncino, si distingue spesso una macchiatura continua nerastra disposta in tre-quattro serie longitudinali, di cui le due centrali appaiono molto decorative. 

 Una V  alla rovescia contrassegna sovente  la regione della nuca. Più uniforme e di tonalità più chiara risulta la colorazione delle parti inferiori, anche se variabili in una gamma di tinte comprese tra il brunastro e il giallognolo. Circa la lunghezza totale dell’aspide sussiste una grande varietà di giudizi. Secondo alcuni la massima lunghezza non supera i 75 cm., secondo altri gli 83 cm., secondo altri ancora gli 87 cm. Le dimensioni normali nell’aspide femmina si aggirano sui 70 cm. e nei maschi sui 65 cm. 

Distribuzione 
L’area di diffusione dell’aspide è vastissima e comprende tutta l’Europa centro-meridionale (Francia, Germania, Austria, Svizzera, Italia) . 
E’ diffusa in tutto il territorio italiano, anche se presente in modo assai vario, ad eccezione della Sardegna non è esistita finora  alcuna specie di rettile velenoso. 

Marasso (Vipera Berius, Linneo)

Caratteri Somatici
Il marasso, assai spesso detto marasso palustre per la confusione fatta dal Brehm  con la vipera dell’Orsini, che nell’Europa orientale frequenta le zone paludose, segue per ordine di pericolosità e diffusione l’aspide, sebbene fra i due ci corra un abisso. Il capo appiattito, ben distinto dal collo, è leggermente allargato nella regione occipitale, più precisamente in corrispondenza  della ghiandole velenifere.  La colorazione e i disegni sovrapposti sono variabilissimi, quasi peculiari agli individui  di zona diversa, differenti tra individui e individui del medesimo distretto e tra gli opposti sessi. La tonalità di fondo delle parti superiori  può essere definita grigiastra, con le tinte intermedie sino al rossiccio predominata longitudinalmente da una striscia a zig-zag, più o meno larga, continua o discontinua. Una macchiatura irregolare è presente lateralmente al corpo e sul capo, sulla cui parte posteriore è di norma ben appariscente una macchia scura a forma di V alla rovescia. Anche le parti inferiori risultano molto variabili per colorazione, dal nerastro al  grigio, al bluastro, con chiazzature biancastre. La gola è chiara e l’estremità caudale giallastra. Non mancano individui compiutamente neri che farebbero pensare ad una sottospecie, ma si tratta d’una forma melanica localizzata nelle valli del Trentino Alto Adige. La berus si distingue dall’aspide per il profilo diritto e non rialzato del muso, per le placche del corpo più sviluppate, per la testa che, seppure ben distinta dal tronco, non si accentua nel distacco in modo evidentissimo. Il dimorfismo sessuale è basato sulle maggiori dimensioni e sulla coda più breve delle femmine, sulla tinta di fondo e macchiatura dorsale più marcate e distinte dei maschi. Le femmine eccezionalmente sono raggiungere i 90 cm. di lunghezza, normalmente i 70 cm. di  cui un nono circa spettante alla coda. I maschi sono lunghi in media 65 cm., dei quali un settimo circa  pertinente alla coda .   

Distribuzione 
L’area di diffusione del marasso è vastissima e comprende la parte centrale e settentrionale del continente euro-asiatico sino al 70° di latitudine Nord, dal livello del mare all’altitudine di circa 3000 metri. In Italia è diffuso in tutto il settentrione, più comune nella zona alpina. Nel centro-meridione, compresa la Sicilia ed esclusa la Sardegna dove non esistono finora viperidi, è assente, rimpiazzata soprattutto dalla congenere aspis.  
  
Abitudini ed Ecologia 
La denominazione  di marasso palustre può apparire giustificata dal fatto che la berius frequenta spesso i terreni umidi, paludosi, le zone prossime ai luoghi d’acqua, e  in ciò il suo habitat si differenzia da quello dell’aspis. Ma questi sono luoghi per cosi dire d’emergenza, in quanto le sue abituali preferenze sono connesse alle località  solatie, pietrose, incolte, cespugliose e boschive di pianura, di collina e montagna. Come l’aspis, il marasso cerca un habitat tranquillo, riscaldato dal sole e ricco di prede. Le quali sono più numerose, anche per l’habitat più esteso; comprendono, infatti, oltre roditori di piccola taglia e nidiacei, anche rane, salamandre, chi invertebrati vari. 

Negli ofidi la temperatura è essenziale alla vita. Ne deriva che i rettili della zona temperata vivono molto di meno perché dormono molto di più. Ma quando il sole splende all’orizzonte, intensificando il suo calore, il risveglio del marasso è molto celere. In una  settimana diventa perfettamente attivo, vorace, sino ad avvertire i richiami amorosi. Per recuperare le energie consunte durante il lungo letargo invernale egli preferisce una caccia di movimento a quella d’agguato. In mancanza di meglio sa accontentarsi anche d’un lombrico, ma preferisce un roditore. Verso il  tramonto, se l’escursione termica è sensibile, fa il suo solitario ingresso nella residenza conquistata. Nelle berius il limite inferiore della sopportabilità termica si abbassa di qualche grado rispetto all’aspis: il marasso svolge pertanto la sua piena attività tra i 12°c e i 35°c. Al  di sopra resta immobile e all’aperto, al di sotto si rintana.  5-20 nati per ciascun parto ovoviviparo; maturità sessuale a quattro anni nei maschi, e cinque nelle femmine. La sua longevità è ancora sconosciuta, ma si presume sia uguale a quella dell’aspide, e cioè di una ventina d’anni circa. Il marasso  non si adatta alla cattività, come la vipera comune. Il letargo invernale, negli esemplari di marassi tenuti in cattività, si traduce sempre e inevitabilmente in un letargo sine die, cioe senza più risveglio. 

La vipera: un Pericolo Reale ?

La possibilità di essere morsi da questi rettili e’ un evento assai poco frequente. Se quindi e’ scontato che dietro ogni sasso, e’ altrettanto vero che questi rettili sono in aumento a causa dell’abbattimento degli uccelli predatori e quindi e’ buona norma di prudenza non mettere avventatamente le mani nelle buche o nei tronchi cavi, luogo ideale per le loro tane. Se proprio il morso di questo rettile, ci riserva la fortuna della nostra passeggiata, puo’ aiutare a mantenere la calma il sapere che i casi mortali sono davvero rari, probabilmente per la scarsa quantita’ di veleno che il rettile riesce a inoculare ad ogni morso. Vari fattori concorrono a determinare la pericolosità  del morso: le dimensioni del rettile e di conseguenza la quantita’ di veleno disponibile, il tempo intercorso dall’ultima emissione di veleno, la stagione (il veleno e’ piu’ concentrato in primavera alla fine del letargo, quando la vipera e’ anche piu’ aggressiva),l’età, il peso corporeo e lo stato di salute della persona colpita, quindi col rischio maggiore per bambini e anziani. Anche la sede di inoculazione e la profondità del morso hanno la loro importanza. 

Non dimentichiamoci mai di indossare pantaloni lunghi, calzettoni e scarponcini alti. Il veleno della Vipera e’ una miscela di diverse sostanze tossiche che agiscono sull’organismo sia a livello locale, provocando infiammazione e distruzione dei tessuti, con effetti lesivi su alcune importanti funzioni e organi (cuore, sistema nervoso, reni…). Il morso di vipera dà immediata sensazione di dolore e bruciore in corrispondenza della zona colpita dove si nota innanzitutto la presenza di due forellini distanziati di 1 cm prodotti dai denti veleniferi cui segue nel giro di pochi minuti la comparsa di gonfiore e arrossamento, dapprima localizzato a livello del morso e poi tendente ad allargarsi a tutta la zona circostante con colorazione rosso bluastra della cute. Gli effetti generali compaiono dopo circa un’ora e sono perlopiu’ limitati a sensazione di malessere, mal di testa, vertiggini, nausea, vomito, dolori muscolari e articolari, ma anche, nei casi piu’ gravi, calo di pressione fino al collasso, alterazione dello stato di coscenza ed emorraggie. Non dimentichiamo pero’ che lo stato ansioso indotto dall’evento tende spesso ad ingigantire questi sintomi. 

Che cosa fare in caso di morso di vipera ?

– La cosa piu’ importante e’ mantenere la calma, tranquillizzare la vittima e sdraiarla in condizioni di riposo possibilmente  in luogo fresco ed ombreggiato. 

– Togliere bracciali ed anelli prima che il diffondersi del gonfiore ne impedisca la fuoriuscita. 

– Lavare la ferita o disinfettarla, se possibile. 

– Fasciare l’intero arto colpito preferibilmente con una benda di tela robusta senza troppo stringere perche’ si deve fermare  solo la circolazione linfatica. 

– Immobilizzare l’arto con una doccia di cartone o con stecche realizzate con mezzi di fortuna. 

– Trasportare il paziente senza farlo camminare: il movimento e l’agitazione del ferito dopo il morso possono accellerare  l’entrata nella circolazione sanguigna del veleno inoculato. 

Che cosa fare per non peggiorare la situazione: 

– Non si deve incidere la ferita: questa operazione puo’ determinare lesioni gravi a vasi o nervi importanti. 

– Non succhiare la ferita 

– Non applicare localmente ghiaccio o soluzioni refrigeranti: la costrizione dei vasi indotta dal freddo puo’ aggravare ed accellerare la distruzione locale dei tessuti. 

– Non applicare lacci. potreste causare danni permanenti da interruzione della circolazione. 

– Non usare mai il siero antivipera o antiofidico polivalente: la sua somministrazione puo’ essere infatti molto piu’ pericolosa dello stesso morso di vipera perche’ puo’ provocare reazioni gravissime e rapidamente mortali. Il suo uso e’ quindi da riservare all’ospedale e solo in casi selezionati e di particolare gravità. Per finire due suggerimenti: nel caso in cui il serpente responsabile del morso sia stato ucciso, non dimenticate di portarlo in ospedale per l’identificazione, ma quando la sua presenza e’ molto dubbia non lasciatevi andare a falsi allarmismi; senza il segno dei due denti nessuna vipera vi ha morso, sono solo ragni o insetti che nel bosco e nel prato sono ben piu’ numerosi dai rettili.

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