Storia dei Minerali

Oro , Ferro e Argento

LA VALLE ANTRONA
 
La valle Antrona è silente ed isolata, ma con caratteristiche che la fanno una delle più belle e pittoresche dell’Ossola ricca come è di paesaggi imponenti e grandiosi, varia ed interessante sotto il profilo geologico e con il tipico aspetto conseguente una morfologia glaciale tuttora ben evidente modellata com’è dal ghiacciaio che scendeva dalle cime dell’Andolla, Bottarello, Antigene e che andava ad ingrossare quello della valle del Toce, come confermano le morene, i masi erratici e gli abituali fenomeni di exrazione glaciale, tuttora assai evidenti. In più ricca di numerose raccolte di acqua naturali ed artificiali, fra i quali il ben noto lago di Antrona, un classico lago di sbarramento originato dal gigantesco scoscendimento che si verificò dalle falde gneissiche dalla Cima Pozzoli.
La valle presenta notevole interesse minerario, e più ne presentò nei tempi passati, specie per la presenza di oro e di ferro, in sottordine di argento, asbeto e di mica muscovite in lamine anche larghe.
La storia mineraria ossolana ricorda il giacimento ferrifero di Ogaggia (m.1700), presso il passo omonimo fra le valli Bognanco ed Introna, che per un secolo alimentò fucine locali nonché un forno da ferro in Villadossola.
Il giacimento ferrifero di Ogaggia, legato ad una massa calcare, attivo per più di un secolo di cui fu sottolineata “la continuità di questa modesta coltivazione, l’unica del Piemonte che ha persistito a dare minerale” (Stella).
E’ rimasto infatti in attività, se pure con intermittenza, per più di un secolo. Scoperto nel 1795, il minerale estratto veniva fuso presso Viganella, a Villadossola, presso Coimo in Valle Vigezzo. Risalendo il versante destro della valle fino al passo di Ogaggia ed anche oltre il passo discendendo nel vallone della Ferrera, è facile incontrare le tracce dei numerosi cantieri di coltivazione da cui venivano estratte Ematite e Limonite di colore bruno cioccolata e di aspetto piceo; l’una e l’altra derivate dall’alterazione della Pirite per azione degli agenti atmosferici. La Pirite è anche in piccoli individui pentagonododecaedrici.
Ricorda inoltre i più noti giacimenti auriferi di Schieranco (gruppo di filoni) del Mottone, del Cinquegna, ecc…) che si vogliono lavorati già nei secoli XIII XIV da alcuni discendenti di Facino Cane.
Tutti i più o meno attivamente lavorati i complessi filoniani auro-argentiferi che stanno rinserrati nel gneiss ghiandone, in particolare quelli di Mee e del Mottone nonché del gruppo Cama al contatto gneiss-roccie verdi si sono rivelati di discreto contenuto in metallo nobile. La mineralizzazione è essenzialmente piritosa con alquanta Arsenopirite e Galena saltuaria.
Interesse mineralogico notevole presentarono a suo tempo (1924-1926) le rocce attraversate dalla galleria di derivazione predisposta per lo svaso del lago di Antrona che si intendeva utilizzare quale serbatoio di riserva invernale ai fini della utilizzazione idroelettrica. Tale galleria, dello sviluppo di oltre 800 metri della sezione di mq.4 e con pendenza del 4 per mille, venne aperta inizialmente nelle rocce serpentinose, quindi nelle anfiboliti ed in una durissima eclogite. Alla progressiva 350 venne incontrato un filone di quarzo purissimo che si apriva in un grande litoclase largamente beante (fino ad 80 cm) ed estesa per una decina di metri con il tetto arricchito da un ininterrotto rivestimento di ottimi cristalli di calcite di un caratteristico colore leggermente rosato e del diametro di 2-3 cm, anche punteggiata da qualche individuo di pirite irregolarmente disseminato. Di maggior interre il fatto che nella litoclase si siano rinvenuti numerosi e voluminosi cristali di quarzo di 50-60 cm di lunghezza, 30-40 di larghezza spesso limpidi, talvolta includenti o ricoperti da un leggero velo di clorite ed accompagnati da piccoli individui romboedrici di dolomite lattea. Tali esemplari vennero compresi fra i più voluminosi rinvenuti nel territorio nazionale.
Alcuni esemplari appaiono sulla copertina del più volte citato fascicolo “Ossola Minerale”.
Risalendo la Val Brevettala poco oltre l’alpe Pianzone, nel letto del torrente si possono scorgere i resti degli impianti e degli imbocchi delle gallerie della miniera di Pirite dell’Argentera.
CAVA DI MICA DEL MONCUCCO
 
Sul pendio sud-ovest del Moncucco, versante della Brevettola, il signor Alessandro Grossetti di Montescheno del 1922 scopriva un potente filone pegmatico, interessante dal punto di vista industriale per feldspato potassico e mica muscovite e per l’associazione di voluminosi cristalli di berillo. Di grande interresse scientifico la presenza di minerali di uranio radioattivi.
Qui si osserva la più occidentale delle pegmatiti ossolane. Giace nelle rocce cristalline del complesso Camughera-Moncucco ed è ritenuta a rappresentare una digitazione dei dicchi pegmatitici della valle Vigezzo – Centovalli. Importantissima sotto il profilo scientifico e collezzionistico la località ha offerto un imponente contributo alla mineralogia non solo della valle Ossolana, ma dell’intero territorio nazionale, come conferma l’elenco delle specie qui rinvenute :Pirite, Crisoberillo, Ematite, Quarzo, Opale, Jalite, Rutilo, Rutilo sangenite, Psilomelano, Columbite, Uraninite, Limonite, Siderite, Ocra di uranio, Scheelite, Xenotite, Apatite, Autunite, Uranospatite, Fosfuranilite, Parsonsite, Piropo, Almandino, Zircone, Uranofane, Berillo, Tormalina, Actinolite, Talco, Muscovite, Fuchsite, Biotite, Stilpnomelano, Clinocloro, Leptoclorite, Ortoclasio, Anortoclasio, Albite, Oligoclasio, Kasolite, Monazite.
Ad un anfibolo monoclino, povero di calcio ed in alcali, la Cummingtonite, sono con ogni probabilità da riferire esemplari raccolti recentemente in roccia micascistosa e che si presentano in aggregati lamellari fibrosi con aspetto asbestoide, colore bruno, lucentezza vitrea, fusibili in vetro nero magnetico.
Filone di larga fama per aver offerto i più voluminosi esemplari di Uranite Italiana, per le dimensioni degli individui di Berillo che si conosce in sei varietà di colore e per le forme nuove per la specie osservate nella varietà incolore e trasparente ed appartenenti ad una seconda generazione.
La cava ebbe un lungo anche se discontinuo periodo di attività che si svolse nell’arco di un quarantennio dal 1922 alla fine dell’anno 1960. Qualcosa è ancora possibile rinvenire attualmente.
I MINERALI DELLE “ROCCE VERDI” DELLA CONCA DI ANTRONAPIANA
 
 La massa di rocce serpentinose che, compresa fra scisti ad orneblenda, giace a settentrione del lago di sbarramento di Antrona, a nord ovest del capoluogo di Antronapiana, è nota da un cinquantennio, da quando Ettore Artini, in deu note degli anni 1923 e 1925, ha illustrato i minerali rinvenuti in tale giacimento di esso sottolineando le analogie con altri consimili delle Alpi Occidentali e della zona di Voltri nell’Appennino Ligure.
A nord del paese là dove i due corsi d’acqua Loranto e Troncone confluiscono per dar luogo all’Ovesca si erge una parete di serpentino antigoritico in cui stanno disseminate frequenti lenti e granato hessonite (rodingiti in senso lato) o a prevalente epidoto e ricca di minerali cristallizzati che giacciono separati dalla roccia serpentinosa da una interposizione di scisti cloritici facilmente sfaldabili.
Vesuvianite, Epidoto, Diopside, Granato, Magnetite, Titanite, Cloriti, Zircone formano ricche associazioni in geodi e litoclasti dove stanno di frequente immersi in Calcite spatica bianco lattea che si asporta facilmente mediante attacco con acido cloridrico.
Il complesso costituisce insomma un giacimento di primaria importanza scientifica e collezionistica per quanto ha offerto e va offrendo. Purtroppo gruppi sempre più numerosi di ricercatori e collezionisti, provenienti anche d’oltre Alpe, attraverso una estesa ed indiscriminata escavazione, hanno già procurato al paesaggio ferite che appaiono in tutta la loro preoccupante estensione.
La località è celebre anzitutto per l’Epidoto anche in stupendi esemplari verde giallastro scuro, di 4-6 centimetri di lunghezza, ben cristallizzati e ricche di facce, con lucentezza vitrea, o prismatici9 colonnari o con abito tozzo ed equidimensionale, talora limpidi tanto che alcuni esemplari sono stati sottoposti a taglio con buoni risultati; per Diopside bianco latteo o verde porro in aggregati spatici ed in cristalli prismatici, il Granato da verde scuro (raro) a giallo miele, giallo rossiccio, rosso giacinto in nitidi rombododecaedri.
La Vesuvianite verde pisello o rosso bruniccia è il minerale più interessante per l’abito cristallino ricchissimo di facce; la Titanite giallo verde, in individui per lo più malformati, misura eccezionalmente anche dici centimetri; il Clinosloro, verde scuro, è in pacchi di lamine di cinque centimetri e più.
Le altre specie: Apatite, Siderolo, Orneblenda, Pirite, Malachite, Epsomite ed Esaidrite, Gesso, Calcopirite, Actinoto. Al contatto serpentine-anfiboliti, compare con diopside ed anfibolo orneblenda, il Rutilo in individui di colore cupo, distorti, di due-tre centimetri.
Nelle rocce gneissiche che caratterizzano la parte meridionale della conca di Antronapiana si sono raccolte, con Quarzo latteo, le zeoliti Laumontite e Scolecite, Zoisite giallastra e Prehnite bianco verdiccia in rari individui tabulari, più spesso in aggregati globulari con netta lucentezza vitrea.
 Dr.proff. A.G. Reggiani
NOTE INTRODUTTIVE ALLA MINERALOGIA
 
 Nel lessico comune la maggior parte della gente chiama indifferentemente il composto solido della crosta terrestre (litosfera) minerali o rocce; ma ciò non è esatto. Infatti mentre i primi sono costituiti dagli elementi chimici base (carbonio, ferro, rame, ossigeno, ecc…) che si combinano fra di loro secondo leggi ben precise e costanti, formando quei bellissimi gioielli naturali che sono i CRISTALLI, le seconde invece rappresentano un impasto amorfo ed eterogeneo di tutte le sostanza sminuzzate ed amalgamate dai fenomeni naturali quali terremoti, pressione, calore, ecc…
Avremo pertanto una distinzione anche scientifica fra lo studio delle rocce detto Petrografia, e studio dei minerali detto Mineralogia.
Posto l’assunto che ogni tipo di roccia contiene, o meglio può contenere determinati minerali, sarà opportuno dare uno sguardo alla geologia che caratterizza la Valle Antrona, non disgiunta ovviamente dal complesso geologico tipico delle Valli Ossolane che occupa in Italia il primo posto come quantità numerica di specie minerali ivi rinvenute; ciò è dovuto essenzialmente alle paragenesi che hanno costituito i complessi rocciosi delle Alpi, e che in Ossola presentano campioni unici. Si possono così citare le “Pegmatiti” presenti in Val Vigezzo a contatto con le anfiboliti, gneiss e scisti cristallini e delle di Antrona in località I Mondei a più diretto contatto con scisti serpentinosi. Le “Rondingiti” sono ben rappresentate in Ossola nella zona a nord e nord ovest di Antronapiana; i minerali cristallizzati che qui si rivengono sono : Epidoto, Diopside, Essonite, Clinocloro, Vesuvianite, ecc… Ricordiamo per inciso che i migliori cristalli di EPIDOTO IN Italia, sono sicuramente quelli rinvenuti nella fascia di rocce sopra Antronapiana fra Cimallegra e la Sacca.
E’ all’inizio della Valle Introna e precisamente alla cava Piansca di Villadossola, che si rinvengono bellissimi cristalli di fessura delle rocce alpine ed in particolare degli gneiss e dei graniti. La linea tettonica “Sempione-Vigezzo-Centovalli” a sud entra in contatto con gli gneiss leptinici e tormaliniferi in cui compaiono campioni di Fluorite, Bavenite, Axinite, Lumontite, ecc… Infine fra le paragenesi caratteristiche dell’Ossola citiamo i giacimenti metalliferi che in Valle Antrona vennero coltivati per l’estrazione di oro (Antrona Schieranco) e ferro (Ogaggia); fra i minerali rinvenuti citiamo pirite, quarzo, ecc…
Per entrare nei particolari di quanto in seguito descritto sarà opportuno precisare che molte specie minerali della Valle Antrona sono di interesse prettamente scientifico, molto meno per contro quelli appariscenti ed estetici; sia gli uni che gli altri hanno ciò non meno contribuito notevolmente a far conoscere questo lembo di terra ossolana non certamente trascurata da chi, amando le bellezze della natura che si esprime anche nelle fantasmagoriche forme cristalline della materia inerte, non trascura di vistare ogni angolo, sia pur recondito di quel pezzetto di Eldorado che è l’Ossola.
Ed Eldorado, nella eccezione comune della parola, lo fù certamente Antrona Schieranco, come ben descritto dallo Jervis, Conservatore del R. Museo Industriale Italiano di Torino, nel suo Repertorio d’Informazioni Utili. Premesso che in quei tempi il diritto di coltivare miniere, fossero esse in Ossola Inferiore che in Valle Anzasca o in Valle Antrona, era esclusivo appannaggio della nobile famiglia Borromeo, si ha notizia di una concessione, nell’anno 1776, per la coltivazione di una miniera d’oro nella zona detta il Mottone all’alpe Trivera presso il rio omonimo. In principi vi erano 40 minatori i quali estraevano 5000 chilogrammi di minerale al giorno con un rendimento di oro rosso argentifero medio di 600/700 millesimi d’oro; la produzione annua raggiunse anche i 30 chilogrammi ma dal 1836 continuò a scendere sensibilmente sino a toccare i 3 chilogrammi.
Le statistiche ci dicono che nel 1817 vi erano in Introna 10 miniere d’oro in attività di cui una in territorio di Antronapiana e 9 in quel di Chieranco; il minerale veniva trattato in 132 molinelli di amalgamazione con una resa, per il 1831, di 184 once d’oro pari a kg. 5,900.
Ma anche altre ancora erano le miniere attive bella zona di Antrona Schieranco, come sono descritte dell’illustre Goffrtedo Canalis nel suo Dizionario Geografico-storico-statistico-commerciale.
–         miniera coltivata dai soci Antonio Maria Morandino e notaio Carlo Antonio Taurini, posta nel sito detto delle Mee sulla destra del torrente Ovesca; produzione annua 66 once d’oro
–         dalla minera posta in località alle Mee coltivata dal sig. Francesco Quaglio d’Antrona si ricavano 50 oncie d’oro
–         dalla miniera posta nella regione al tetto di Balmassa, ossia Tagliata, posta della destra del torrente Ovesca, coltivata da Giuseppe Moggia si ricavano 24 oncie d’oro
–         la miniera posta nella regione Croppi e Cantonaccio sulla sinistra dell’Ovesca è considerata la migliore in quanto il minerale conteneva più ora e meno argento essa era coltivata da Alberto Mutti
–         Bartolomeo Maffiola coltivò per anni una miniera in località detta Fajò mentre altre vennero aperte ai Prati di Locasca, nel luogo denominato Garaniche ed un’altra ancora in località al Bosco.
Dette miniere vennero poi sfruttate da diverse società fra le quali spiccano la Socieètè des Mines d’or de Antrona ; Antrona Gold Minino Company Limited; Houzè, Gottignies et C. e per ultima la Scietà Ruminaca.
Di tutte queste miniere, come d’altronde per quelle di Ogaggia dalle quali si ricavava il ferro, sono rimaste alla luce scarse tracce di minerali di scarto, in quanto la vegetazione ha ricoperto il tutto cancellando così l’intervento dell’uomo.
 Mario De Franceschi (Presidente G.M.O.)
 
N.d.R. Quanto sopra riportatoi è stato integralmente tratto per gentile concessione dell’Autore, dal Volume “L’Ossola e le sue Valli” di Giovanni de Maurizi, 3’ edizione riveduta e ampliata a cura di Francesco Zoppis, corredata da note mineralogiche con cenni petrografici, morfologici e geologici a cura di Aldo G. Reggiani (Edizioni Libreria Grossi-Domodossola)

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