Taraxacum officinale in dialetto e’ conosciuta come Sicória, Sofiù, Dét de léu, Pisa i lèc.

La pianta ha foglie a rosetta, tutte radicali, lunghe incise. Ha radice fittonante, di colore bruno nerastra, che all’interno e’ biancastra e contiene un lattice bianco. I suoi fiori sono di un giallo vivo, si aprono di giorno e si chiudono di nottetempo. Si trasformano poi in globi biancastri, formati da sottilissimi achemi. Il tarassaco cresce fino a 2000 metri: lo si raccoglie in marzo-aprile nei prati del fondo valle, mentre sui pascoli alpini, dove cresce soprattutto intorno alle baite in quanto qui il terreno e’ soffice e concimato. fino a maggio-giugno. Ha molte qualita’ curative: e’ lassativo, tonico, diuretico, depurativo… Se le sue foglie sono tenere, dopo averle lavate per bene, si possono consumare crude, in insalata. Normalmente si fanno pero’ bollire. Una volta lessate si consumano calde, condendole con olio, oppure in insalata dopo averle fatte raffreddare. Si abbinano egregiamente, in questo caso, con le uova sode. Si possono anche far friggere in padella, con olio o burro e anche un poco di aglio. L’acqua della bollitura del tarassaco si puo’ riutilizzare per far bollire la pasta.

II tarassaco è il notissimo fiore giallo dei prati, i cui frutti formano il soffione con cui si divertono i bambini. I frutti sono dotati di una corona di peli (pappo), inserita su un lungo peduncolo, che poi diffonde i frutti con il vento come un paracadute. Come droga si impiega la radice contusa insieme con la pianta, Radix Taraxaci cum Herba. La radice è una tipica radice a fittone, che penetra profondamente nel terreno. Ogni giardiniere che tenti di estirparla deve ricorrere alla vanga o meglio ancora a un estirpatore di radici, altrimenti la parte inferiore della radice del tarassaco rimane nel terreno e riemette un nuovo germoglio.

Le foglie di tarassaco costituiscono una popolare insalata primaverile. Hanno un gradevolissimo sapore amaro aromatico e si mangiano sia da sole che insieme con crescionee altre erbe primaverili da tempi immemorabili. Fino a tempi recentissimi non si sapeva su che cosa si basasse il loro effetto e perciò si consideravano ormai obsolete. Poi, però, con l’introduzione della ricerca sulle vitamine, si sono trovate in queste piante primaverili abbondanti vitamine, in particolare vitamina C, e si è quindi ritenuta più fondata la loro azione terapeutica. Ultimamente poi si è scoperto che queste vitamine forniscono solo una parte degli effetti positivi. Proprio il tarassaco è un esempio tipico di come una pianta officinale non possa essere caratterizzata solo da un principio attivo,- solo la somma di un grande numero di principi diversi determina la vera e propria azione specifica. Così nel tarassaco si sono trovate, accanto alle già note sostanze amare e vitaminiche, anche delle sostanze ad azione enzimatica che stimolano l’attività delle grandi ghiandole, soprattutto fegato e reni. Ma la loro azione va ancora oltre: esse devono essere considerate capaci di stimolare il metabolismo cellulare complessivo. Questo naturalmente è osservabile con particolare intensità nelle grandi ghiandole corporee, tuttavia questo effetto è presente anche in altri distretti dell’organismo. Attualmente possiamo attribuire al tarassaco anche un tropismo connetti-vale,- su questo si fonda l’azione del tarassaco nelle artrosi, argomento sul quale dovremo ancora ritornare. Così, come favorisce la secrezione renale, quindi agisce come diuretico, il tarassaco incrementa anche la secrezione epatica, quindi agisce come colagogo. E così confermata l’esperienza del passato, che considerava il tarassaco un buon rimedio per i disturbi biliari.

Ma c’è anche un altro campo di impiego specifico che alla luce degli studi odierni si presenta come sufficientemente fondato, quello della tendenza alla formazione dei calcoli biliari. Il tarassaco è in grado di influire non sul calcolo già formato, bensì sulla predisposizione alla formazione di calcoli, quindi sulla diatesi. Di ciò è probabilmente responsabile in primo luogo la succitata azione sul metabolismo e sulla cellula. Non è difficile comprendere che un tale effetto si possa ottenere solo in periodi di tempo piuttosto prolungati. Si dovrà dunque somministrare il tarassaco come terapia in tutti quei casi, per almeno 4-8 settimane. E opportuno anche dare una cura di tarassaco in primavera ed eventualmente ancora in autunno. E nella natura di queste patologie la difficoltà di riuscire a obiettivare l’azione di un simile trattamento, ma rimane il fatto che i malati, dopo una cura di tarassaco, si sentono più leggeri; i disturbi alla regione superiore destra dell’addome spariscono e la tendenza alle ricadute scompare o almeno diviene chiaramente più rara. Sembra dunque possibile arrivare in questo modo, meglio e più rapidamente, a una fase di latenza della patologia. Poiché finora si è riconosciuto nell’acido chenodesossi-colico un medicamento attivo solo nella disgregazione dei calcoli di colesterolo, ma non di calcoli di altra natura, si dovrebbe fare uso delle potenzialità del tarassaco in questo campo. E ciò tanto più in quanto il tarassaco è del tutto atossico, anche se somministrato a lungo, e inoltre presenta un’azione, come si è detto, positiva sui sintomi soggettivi e tonificante generale.

Forme di preparazione
Si impiega la tisana della droga, Radix Taraxaci cum Herba, 1-2 cucchiaini da tè in 1 tazza di acqua; si fa bollire brevemente e si lascia in infusione 15 minuti; se ne bevono 1 tazza al mattino e 1 alla sera per 4-6 settimane consecutive; altrimenti si da un succo pronto, tra cui sono assai indicati quelli delle ditte Schoenenberger e Kneipp, 1 cucchiaio da tavola colmo in 1/2 bicchiere di acqua, mattina e sera. Vi è anche in commercio un caffè di tarassaco, prodotto con le radici, già pronto per l’uso; anch’esso ha i suoi estimatori.

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